
Like e follower: perché amate ancora farvi truffare?
A metà 2018 e dopo innumerevoli articoli ed analisi (tipo questa ottima e recente di Rollingstone) che hanno dimostrato quanto sia facile barare sulle Vanity Metrics come like e follower e, in aggiunta, quanto poco facciano le principali piattaforme social per rendersi più trasparenti e combattere chi bara con i numeri, ancora tantissimi amano farsi truffare e strapagare per “visibilità” che si traduce in vana (e scarsa) apparenza senza alcun senso; senza alcuna strategia d’identità e posizionamento del brand.
In particolare Instagram, da tempo, è infestato da fake account e bot di ogni tipo ed è la vera e propria pacchia per chi vuole diventare un “Influencer” investendo pochi spiccioli ed usando software ad hoc. Un’autentica orgia d’apparenza vacua e narcisismo patologico, che come detto Instagram non contrasta ed anzi cerca di nascondere impedendo con metodi sempre più ingegnosi lo scraping dei dati.
Buonissima parte dei numeri e delle interazioni che vedete sulla principale piattaforma di condivisione foto e video, infatti, sono fuffa allo stato puro. E non vi parlo di quelli che, come Chiara Ferragni, pur avendo solo il 64% di follower reali (e molto meno di attivi), possono comunque garantirvi un discreto ritorno in termini di visibilità, data la fanbase di partenza comunque corposa.
SU INSTAGRAM L’ESERCITO DEI FALSI INFLUENCER
Esiste un vero e proprio esercito di cosiddetti “micro-influencer”, dai 5000 follower in su, che vive di bot e fake e che solo così riesce a crescere con i numeri. Sì, perché da qualche anno ottenere follower su Instagram in maniera organica e senza fare i furbi è difficilissimo. Anzi, come anche la mia esperienza personale insegna, con circa 800 follower persi in due anni e mai nessun software utilizzato, la tendenza se non si bara e non si “droga” il sistema è quella di vedere la propria base diminuire e polarizzarsi. Soprattutto: se su Instagram avete sempre condiviso frasi e aforismi e decidete di buttarvi sulle foto di paesaggi, preparatevi all’ecatombe. Certo: se postate con buona frequenza (almeno 3-4 volte al giorno) contenuti interessanti ed investite diverse ore quotidiane a regalare cuoricini, seguire altre persone e mantenere “vivo” il profilo, magari riuscirete persino a crescere. Ma il lavoro sarà duro e ogni nuovo post inserito vi costerà comunque qualche follower più datato.
Proprio per questi motivi, la vendita di like e follower è diventata così pervasiva e remunerativa, che due ragazzi russi, Nazir Yusifov and Ayaz Shabutdinov, a Mosca hanno addirittura lanciato una serie di vending machine dove è possibile acquistare i “love” per Instagram. Yusifox e Shabutdinov giurano però che è tutta roba di qualità, proveniente da utenti reali e non da bot. Ma quanto può essere di qualità ed interessata l’interazione di chi viene pagato per generarla?
QUANTO COSTA UN MILIONE DI FAN?
“Sì ok, tutto molto interessante ma…noi vogliamo i like”
Ora, chiariamoci: nessuno sta demonizzando le campagne per ottenere i “mi piace” o l’utilizzo dei bot in maniera strumentale al primo lancio e quindi quando i profili social hanno numeri che rasentano lo zero. Il “primo impatto” quando si accede sulla pagina fan o sul profilo Instagram di un’azienda è importante ed esistono strategie assolutamente white per ottenere i primi like, fondamentali per creare un minimo di fiducia e riconoscibilità nel brand. Un minimo di attenzione alle Vanity KPI è giusto che ci sia e sono certo che abbia anche senso, quando i numeri sono veramente troppo piccoli e rischiano di minare la fiducia iniziale di chi non ha competenze, tempo e voglia per analizzare la qualità di quei numeri. E poi, diciamocelo: fanpage con 100 like e profili con 30 follower sono effettivamente molto tristi a vedersi.
Il problema, però, comincia quando il settore viene infestato da metodi black e da un vero e proprio mercato nero che sporca inesorabilmente tutti i dati e crea tantissimo fumo. Vuoi un milione di fan per la tua fanpage? Posso darteli per meno di 3000 euro, usando un mix di fake account ed utenti reali provenienti da Pakistan, India ed altri paesi in via di sviluppo. Questi utenti vengono pagati un tot per ogni like e/o commento messo su pagine e post. Ora: non serve un genio del digital marketing per capire che, di conseguenza, il loro valore è pari a zero. Vuoi abbinare a questi fan un po’ di interazione? Bene: esistono tool che, a partire da 500 dollari, ti aiutano a generare anche “mi piace” e commenti che sembrano veri. Cose che spesso fuggono ai direttori marketing dei grandi brand, che dovrebbero finalmente iniziare ad essere più attenti e ad usare tool professionali per effettuare un minimo di verifica qualitativa sui profili degli influencer e le testate che coinvolgono per le proprie campagne.
UN PROBLEMA GENERALE DI MENTALITÀ
L’ossessione per i grandi numeri (falsi), però, non riguarda solo Facebook ed Instagram e coinvolge praticamente tutte le principale piattaforme di navigazione, dove i numeri sono tutto. Anche i giornali ed i blog, infatti, fanno a gara per gonfiare le metriche utilizzando strategie ben poco etiche e truffare gli inserzionisti, facendo crollare al contempo il valore stesso di quelle metriche e lanciando quindi un vero e proprio circolo vizioso. Autorefresh temporizzati delle pagine, bot che generano traffico, pubblicità con pop under invasivi e bounce rate del 99%; articoli di poche righe “spalmati” su più pagine per aumentare a dismisura proprio le pagine viste ecc. Il tutto per poter ottenere un traffico falso esattamente come i fan ed i follower di cui abbiamo parlato. Un traffico che però, data la sua natura meramente quantitativa, viene valutato sempre meno e garantisce sempre meno risultati e ritorni (non a caso colossi come Amazon, Booking e Trivago stanno utilizzando molto anche la tv per le proprie pubblicità, rivalutando un canale dato per morto da anni).
COSA SUGGERIAMO: ALCUNE REGOLE D’ORO
Come fare, quindi, per orientarsi in questo sempre più complesso settore, evitare autentiche truffe e concentrarsi sulle proprie “micro-nicchie” d’interesse? Alcune regole sono valide praticamente da sempre, altre sono diventate ancora più vere con il passare del tempo ed il decrescere dell’attenzione dell’utente medio, sempre più “bombardato” e distratto. Procediamo per punti:
- Prima di tutto, banalmente , affidarsi a professionisti ed agency serie, da vagliare facendo le opportune domande su quanto contenuto in questo articolo ed in numerosi altri sul tema.
- Dare il giusto peso alle Vanity Metrics, che come detto non sono di certo inutili e da ignorare, ma neppure la parte sulla quale puntare con tanta insistenza.
- Rassegnarsi all’idea che far crescere la fanbase in maniera corretta è faticoso e dispendioso e che, tutto ciò che si paga poco ed ottiene facilmente, come sempre non ha valore reale.
- Concentrarsi sulla produzione di contenuti dinamici di qualità (slideshow, gif, mini-video). Parlate di voi, fate entrare i fan nell’azienda e condividete curiosità e notizie utili
- Collegato al punto precedente: la gente ha sempre meno capacità d’attenzione e vede sempre meno le immagini statiche, quindi video
- Stories: sembra incredibile, ma su Instagram cannibalizzano oramai buona parte del tempo speso sul social. In altri termini: zero stories, scarso o nullo interesse
- Non postare tanto (anche su Instagram esige una certa frequenza e l’utilizzo delle Stories), ma bene. Chiedetevi:”Questa cosa può piacere/interessare a chi ci segue?”
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