Intervista a Valerio Celletti:”Google Ads? Oramai è un ecosistema, pieno di potenzialità”

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Intervista a Valerio Celletti:”Google Ads? Oramai è un ecosistema, pieno di potenzialità”

Valerio Celletti è un consulente e formatore di Google Ads, che si è appassionato a Big G nel 2011, lavorando come dipendente in un’azienda di software gestionali. . Da quel momento, ha approfondito in maniera sempre più appassionata le sue conoscenze, fino a diventare uno degli esperti italiani più accreditati nel settore. Non poteva quindi certo mancare nel parterre di intervistati per Face to Face.

Partiamo subito con una domanda classica ma interessante: quanto è cambiato Google dal 2011 ad oggi? Cosa ha perso e cosa ha guadagnato?

Penso che abbia perso moltissimo il confronto sulla domanda latente, che Facebook ha cannibalizzato parecchio (perché ha nel tempo sviluppato uno strumento migliore da molti punti di vista, soprattutto da quello della facilità d’ulitizzo). Probabilmente ciò è avvenuto anche a scapito delle campagne Display, parte di quello che di fatto era un dominio ancora incontrastato da Facebook, nel quale Google raccoglieva gettito pubblicitario dagli inserzionisti spesso anche al di là delle effettive performance registrate. Al contempo, però, questa nuova concorrenza feroce ha spinto Google a migliorare la sua interfaccia e a cercare di disintermediare il più possibile, portando gli inserzionisti a diventare sempre più autonomi nel setting e nell’ottimizzazione delle campagne, non senza fatica. In questo senso, quindi, Google sta perseguendo un po’ l’approccio lanciato da Facebook fin dall’inizio: avvicinare gli inserzionisti più piccoli verso la creazione di campagne in totale autonomia e con relativa semplicità. 

Google Ads negli anni ha poi contemporaneamente aumentato la complessità per gli utenti avanzati, ergo anche le potenzialità d’utilizzo e precisione, trasformandosi da piattaforma a vero e proprio ecosistema di strumenti. Penso ad esempio a Data Studio come elemento periferico ed utilissimo alla data visualization e alla reportistica, o allo stesso Google Shopping, un tipo di campagna relativamente recente ma di estremo interesse e grande efficacia per gli e-commerce. Ora infatti possiamo contare al contempo su canali come Search, Display, Shopping, App, Youtube ecc. Insomma: possiamo sul serio raggiungere il nostro pubblico ideale con strumenti e strategie per le quali c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Ma quindi, ad oggi, secondo te è possibile fare adv fai da te, su Google Ads?

Secondo me sì, se si ha voglia di capire le cose e si hanno una minimo di inventiva, una discreta padronanza con l’utilizzo della piattaforma, per evitare sprechi, abbinate a conoscenza del proprio settore e del target di riferimento. Google sta implementanto mese dopo mese molto bene il machine learning con l’obiettivo di far girare gli annunci il più possibile con il “pilota automatico”. Penso alle campagne smart shopping, per esempio. Se hai un e-commerce funzionale, con buoni dati strutturati (e ovviamente prodotti validi), una volta settata la campagna in molti casi può girare da sola anche per periodi lunghi, senza necessità di “aggiustamenti” o monitoraggio particolare da parte umana. Anni fa questo era semplicemente impensabile e bisogna essere molto più “presenti” nel controllo giornaliero degli ad set.

Ma quindi non avremo più bisogno di consulenti ed agency?

Beh, probabilmente cambierà il ruolo dell’advertiser in senso generale, che sarà sempre più strategico e di concetto che operativo. Diciamo meno “artigianale” e più mirato. Soprattutto, dovremo essere sempre più bravi a leggere ed interpretare i dati che in maniera sempre più precisa e profilata ci arriveranno copiosi. Dovremo quindi passare meno tempo a “smanettare” e a sporcarci le mani direttamente sulle campagne, dedicando più energie all’analisi dei dati, alla strategia ed agli eventuali “cambi in corsa” d’approccio. Insomma, come dicevo, penso che andremo a svolgere un lavoro di diverso tipo e credo per molti versi anche livello più alto e più soddisfacente.

Quindi potremmo dire, al solito, adattarsi o morire

Certo, sempre e come prima cosa. Ricordiamoci che noi siamo comunque tutti ospiti. Che “il pallone” (la piattaforma) ce l’ha in ogni caso un soggetto terzo, che potrebbe d’un tratto decidere di portarselo via o di cambiare le regole per andare in goal. E se il pallone manca e le regole cambiano, continua a segnare chi riesce a concepire e mettere in pratica l’alternativa migliore per non restare spiazzati e bloccati troppo a lungo. Solo negli ultimi 12 mesi due settori nei quali lavoravo come consulente adv (riparazione di telefoni e recupero di tossicodipendenti) sono stati ristretti o banditi dalle policy di Google, con relativi problemi (talvolta non banali) per il cliente. 

Ma i costi? Come siamo messi? Vero che tendenzilamente Google è più “caro” di Facebook.

Allora, ti do due risposte: la prima è quella che nessuno vorrebbe sentire ed è “dipende”: settori diversi e geografie diverse possono incidere enormemente sui costi medi.

La seconda, invece, mi fa dire che ragionerei più in termini di mancato guadagno, ovvero di quanto si sta lasciando sul tavolo nel non fare advertising correttamente. Misurando i dati si può capire con relativa sicurezza se, quando e quanto è sostenibile fare advertising. -Insomma: se può esserci un ritorno sull’investimento in un dato periodo di tempo o meno. La certezza naturalmente non c’è mai, ma di certo una prima analisi aiuta moltissimo a spendere bene, come si suol dire. 

Ti faccio un esempio: piccole attività locali con buone condizioni di partenza che spendono non più di 300 euro al mese su Google riescono ad andare a ROI, anche molto rapidamente o addirittura da subito.

Ma è vero che, Google Ads, ti aiuta anche nel posizionamento organico?

Allora, premesso che questo è un tema più da SEO e che quindi preferisco non sbilanciarmi, posso dirti che comunque ad oggi non esiste alcuna prova di correlazione diretta tra campagne Google Ads e posizionamento migliorato. Cioè: non sono le campagne che migliorano la tua posizione in SERP (per i neofiti: la pagina dei risultati di ricerca dove trovi gli articoli).

Sicuramente le campagne PPC (quelle dove cioè paghi in base ai click ricevuti) possono:

  • aiutarti a presidiare una SERP con uno spazio in più sopra i risultati di ricerca
  • aiutarti a trovare keyword e termini di ricerca particolarmente profittevoli

Quindi ragionerei sempre in termini di reciproca utilità e sinergia.

Un case history che ti ha dato particolare soddisfazione?

Direi un negozio di riparazione di iPhone. Il titolare era un mio/nostro coetaneo e con il giusto mindset, con grande conoscenza del settore e ottima comprensione suo target ideale. Siamo quindi partiti già molto bene, lato strategia e brand. In pratica, lui aveva intuito che, tra la riparazione di Apple e quella dei “cinesi” c’era un vuoto sul quale si poteva costruire. Abbiamo lavorato circa 3 anni insieme, partendo da zero. Abbiamo creato un sito one-page concepito come landing. La campagna ha da subito iniziato a generare telefonate dirette e richieste di contatto. Il titolare ha messo a sistema la raccolta delle recensioni, mettendole in evidenza come elemento di social proof che, a livello così locale, era una leva potentissima. Poi Google ha deciso di bloccare l’intero settore connesso alle riparazioni di terze parti, ma il cliente non ha sentito grossi contraccolpi avendo, lucidamente, diversificato gli investimenti non solo in PPC, ma anche in SEO/Local SEO, social ecc.  Lo racconto qui

Cosa ti aspetti da Google nei prossimi 10 anni

Un collega incontrato ad Adworld Experience, scherzando ma non troppo, disse che tra 5 anni diremo a Google Home di lanciare una campagna per la nostra attività indicando solo il budget. Una cosa del tipo:”Google, lancia una campagna PPC da 20 euro giornalieri per il mio sito”. Non so se si tratterà di 1, 5 o 10 anni e sarà esattamente così, ma la tendenza sarà quella: automazione, semplificazione della piattaforma, machine learning sempre più sofisticato.

A livello personale, con i miei soci stiamo cercando di far crescere un’azienda liquida dove i professionisti non si limitano a scambiare tempo con soldi, ma lavorano con grande passione. Non so se tra qualche anno Google, Facebook e Instagram, ad esempio, saranno i ferri del mestiere: per me non contano più di tanto gli strumenti. Di sicuro, conto e spero di lavorare ancora nel marketing e godermi tante nuove sfide connesse a nuovi strumenti e a un mercato sempre più competitivo e stimolante. 

Brand, Content Manager e giornalista professionista. La sua prima parola è stata “penna”, ma solo perché nel 1987 “tastiera” non era ancora di uso comune. Primo giornale lanciato ad 11 anni, primo blog a 12. Dal 2007 ha abbracciato la poligamia digitale e si è sposato sia con la comunicazione online che con l’innovazione, con le quali condivide tutt’ora uno splendido rapporto a tre. Seguendo il suo pallino per la formazione e la divulgazione, ha tenuto incontri su personal branding, web marketing e startup innovative in università italiane e straniere (in particolare in Brasile). Per Insem SPA cura le strategie di brand e content e dirige il blog aziendale.