Prima di iniziare, un piccolo disclaimer: secondo le linee guida per i webmaster di Google, la compravendita di link atta a manipolare il Page Rank è una pratica rischiosa che potrebbe portare penalizzazioni al proprio sito.
Di fronte a una dichiarazione di intenti così netta da parte del motore di ricerca hai solo due scelte: chiudere l’articolo e andare a respirare l’aria pulita al parco, oppure proseguire rischiando di intossicarti di fronte gli acri fumi di quello che è diventato a tutti gli effetti un suk digitale.
Quanto sono importanti i link per la SEO?
I link, KPI principale dell’ottimizzazione offpage sono ancora se non il fattore più pesante per il posizionamento, almeno uno dei primi tre, e – a parità di un buon contenuto e di una buona ottimizzazione onpage del documento – l’elemento che ancora oggi spariglia le carte e le SERP.
Ormai da anni siamo orfani della misurazione del Page Rank già citato, ovvero non sappiamo più quanto – da 0 a 9 – una pagina abbia dei buoni link in entrata. Il dato non viene più fornito da Google proprio perché si era creato già anni addietro un mercato atto a costruire link (link building) massificato e incontrollabile.
L’idea era quella di non dare più un valore visibile ai link per cercare di spingere verso la direzione dove il motore di ricerca ha sempre voluto spingere i webmaster: ottenere naturalmente link (link earning) grazie ai propri meriti informativi e utilitaristici.
Utopia pura: l’ecosistema digitale non è così strutturato, ci sono nicchie dove nessuno dà un link al sito di un’attività (poiché non c’è una educazione digitale in merito o, facendo un esempio chi linkerebbe mai un sito di “traslochi a Torino” naturalmente?) e cancellare una metrica ufficiale ha dato il là per creare un mercato di strumenti e strumentini che hanno provato a fornire metriche non ufficiali a sostituzione del Page Rank.
Il risultato è che c’è molta più confusione di prima: un maremoto che nemmeno Maracaibo Page Rank 9, link sì ma dove? DA, ZA (e tutte le altre metriche non riconosciute da Google e quindi aleatorie).
Come fare quindi a valutare un link di qualità?
Se oggi andiamo sui social network, troviamo un sacco di gruppi – più o meno chiusi – dove piccoli professionisti ma anche medie agenzie vendono link con roboanti grafici dove le metriche non ufficiali di cui sopra la fanno da padrone, rischiando l’effetto Wish: dalla promessa di un prodotto di qualità, all’acquisto di qualcosa che non è proprio quello che ci si aspettava.
Anche a livello “alto” non va tanto meglio: ormai tutte, ma proprio tutte le testate informative con un portale online vendono pubbliredazionali e articoli con tanto di link all’interno, tanto da costituire una fetta importante del modello di business editoriale, dato che la raccolta pubblicitaria è affamata di volumi di traffico in modo bulimico e con conseguenze iper(catas)trofici.
Non fanno eccezioni le piattaforme di vendita link, infiocchettate come Content Marketing e che per i veterani del settore ricorda la parabola di Teliad. Va da sé che spesso anche questi link vengono venduti più per il prestigio, che non è fattore di ranking se non in parte con l’authority del dominio, che per un effettivo valore algoritmico – spesso a cifre esorbitanti.
Anche qui Google ha cercato di mettere una pezza differenziando il rel=nofollow in rel=ugc (per i contenuti generati dagli utenti) e rel=sponsored (i link venduti) ma c’è da scommettere che diventeranno anch’essi motivo di differenziazione dei prezzi: “vuoi il link in rel=sponsored? Costa 100. Lo vuoi senza, come un dofollow pulito? Costa 200”.
Questo è forse il vero e proprio problema del suk dei link a oggi: i prezzi totalmente slacciati da una vera e propria valutazione sul valore degli stesi, se non per metriche aleatorie e non sufficienti a sostituirsi al Page Rank.
Per quanto perfettibile, ho un mio metodo per cercare di identificare un link di qualità:
Studio il sito che lo offre per capire come è posizionato.

Analizzo i link in entrata di quello stesso sito.

Cerco di capire se il portale genera traffico.

Questi tre passaggi mi permettono di vedere quindi se il portale offerte è legabile ai miei temi di riferimento, perché magari è posizionato su query o affini inerenti; posso vedere se lo stesso sito ha dei link a sua volta da siti autorevoli che ne creano un link juice qualitativo e, non scordiamoci, il collegamento nasce proprio per portare l’utente da una pagina all’altra.
Ad esempio, se voglio inserire il link su una pagina specifica già esistente il link su di essa potrebbe poi portare traffico da referral (per quanto è sempre più minoritario, considerata la pigrizia crescente degli utenti).
Nessuna metrica di terze parti, nessun auto-inganno. Posso farmi un’idea complessiva del link che vado ad acquistare con questi 3 passaggi.
Ci si perde del tempo? Rispetto a un numeretto a cui affidarsi in 5 secondi, sì.
Quanto può valere un link del genere? Ecco perché ho fatto la metafora del mercato alla Agrabah: non esiste un borsino della Link Building, in teoria un link che supera quei 3 step rischia di costare molto anche in virtù del settore: magari si tratta dell’unico portale di un settore specifico. Se il venditore ne è consapevole ce la farà pagare cara, altrimenti potremmo addirittura fare un affarone.
Di certo, se è difficile identificare un link di qualità, e ci sto provando con una filiera di passaggi e strumenti specifici seri e dedicati; ancora più arduo è darne un valore economico: in questo momento destinare un tesoretto per fare Link Building significa aprire le corde del borsello almeno una volta e mezzo in più di quel che si era pensato.
Avevo detto che era meglio andare a prendere aria al parco, no? E tu che ne pensi? Come valuti un link di qualità?